Siamo la Nyumba Ali, "casa con le ali" in lingua swahili, una giovane associazione nata a Bologna e cresciuta sulle fondamenta di una casa famiglia costruita a Iringa nel sud della Tanzania.

2014 - Aprile - Agosto

2014 - Aprile - Agosto

La Nyumba Ali in Gita sul lago Malawi

15 Agosto

Nane nane (otto agosto).

Saa moja ( ore 7.00).

Meta: Matema Beach, Ziwa Nyasa (lago Malawi).

Zawadi, Salesia, Pio, Paulo, Peter, Priva, Rahim, dada Zula, dada Mage, dada Maria con Elena, dada Sara, Sofi, mwalimu Tuma con Clara, mwalimu Marisa, Adam e Damian, Mage e Viki, Baba Lucio, Mama Bruna e l’autista Abi

TUPO (PRESENTI)! SI PARTE!

Il nostro viaggio in realtà è iniziato già la scorsa settimana, dal giorno in cui la mwalimu Tuma ha detto ai bambini della scuoletta che saremmo andati sul lago Nyasa e saremmo stati via tre giorni. E’ da quel momento che i bambini sono in fibrillazione…e non solo loro!

La prova costume è stato uno dei momenti più esaltanti. Non so quanto questi bambini avessero davvero compreso dalle nostre parole, se potessero avere un’immagine mentale del lago ma sicuramente avevano colto che avremmo fatto una cosa speciale. Il costume, un indumento del tutto nuovo per loro, incuriosiva e nel contempo era un oggetto concreto che segnalava che avremmo fatto davvero un ‘esperienza insolita.

Ciò che altrettanto sicuramente i bambini hanno colto immediatamente è che avrebbero dormito fuori casa. Che emozione! forse non tanto per il fatto di stare fuori dalla propria abitazione senza genitori (a questo i bambini africani sono piuttosto abituati) quanto per andare tutti insieme, con gli amici del centro, nello stesso posto e condividere la stanza con un adulto con cui avevano instaurato una relazione affettiva significativa. Così ogni giorno, in un momento o nell’altro della giornata, qualcuno nominava o trovava una modalità alternativa al linguaggio verbale, questo viaggio e soggiorno.

Certo nessuno di loro pensava che Matema fosse tanto lontano! Quante ore in pulmino! Durante il lungo tragitto anche il paesaggio attorno a noi muta più volte. Lasciato il terreno piuttosto arido di Iringa, caratteristico della stagione secca; abbiamo attraversato le verdi piantagioni di tè sino ad arrivare ad una vegetazione molto rigogliosa con palme di banane e cocco. La stanchezza alla fine si fa sentire in tutti noi. Il nostro Pio dice chiaramente “mbali” (lontano).

Appena arrivati di fronte a quella immensa distesa d’acqua, a quell’ora in rumoroso movimento, tutta la fatica accumulata sembra però dileguarsi. I bambini, con i loro costumi nuovi, di cui probabilmente solo ora comprendono veramente la funzione, insieme alla dade, schiamazzano contenti aspettando il frangersi delle onde. Un turbinio di emozioni: stupore e meraviglia mischiati a timore e paura. Il divertimento come risultato finale!

Come descrivere l’espressione mimica e vocale di Pio di fronte a questa immensità? E le grida di Salesia all’arrivo di ogni onda spumeggiante? Il baba Lucio con una frase sintetizza il pensiero di noi tutti: ”anche solo per vedere questo momento di felicità è valsa la pena affrontare tutte quelle ore di viaggio”.

E chi riesce a immaginare chi invece ha voluto godersi la quiete mattutina del lago? “E’ stata la nostra romantica Mage!” Di prima mattina Bruna esclama “non c’è più la Mage in stanza, non la troviamo più”. Era là seduta sulla sedia in contemplazione del lago, quel “maji mengi “ (tanta acqua) che aveva un aspetto del tutto diverso rispetto alla sera precedente.

Dopo una ricca colazione ci aspetta una bella sorpresa: una barchetta di legno su cui a turno salgono tutti i bambini. Rimaniamo vicino alla riva in totale sicurezza ma l’impressione è di stare in mezzo al lago, in quell’infinità di acqua che ci permette di vedere solo una piccola parte delle sponde che la circondano. Le montagne vicine, gli alberi verdi, la spiaggia, rendono davvero suggestivo il paesaggio circostante. Un’altra avventura attende i bambini: entrare nell’acqua con un grande salvagente che consentirà loro di galleggiare. Tutti lo vogliono provare. Le stesse dade sperimentano il piacere di stare nell’acqua, dopo la paura iniziale si lasciano andare, si mettono in gioco, provano persino a nuotare con la guida di mama Bruna. Come le invidio, io che non riesco a staccare i piedi dal suolo senza farmi prendere dall’ansia! Eppure stare con i bambini, portarli su e giù, fa divertire anche me. Il loro entusiasmo e la loro voglia di immergersi sono contagiosi. Siamo tutti in acqua, anche l’autista che fra una nuotata e l’altra porta con sé ogni bambino. Solo Damian rinuncia a questo piacere per accendere il fuoco e prepararci dei buonissimi spiedini.

Un pranzo buonissimo ci viene servito sotto il porticato della nostra casetta. Passano così le ore più calde e quando si torna sulla spiaggia il lago è di nuovo arrabbiato, ecco di nuovo le onde. Tutti preferiscono stare sulla stuoia. Si chiacchiera, si scherza, si sta semplicemente l’uno vicino all’altro con sorrisi di complicità e benessere. I piccoli più intraprendenti iniziano a giocare con la sabbia. Tentiamo di fare delle formine. Salesia con il suo cammino barcollante ma sempre più sicuro, viene a prendere con me l’acqua del lago, poi decide di mandare solo me e di “pagare” il mio servizio con dei soldi, i sassolini che trova sulla spiaggia. Fa un buco profondo che Priva osserva tentando di buttarci dentro la sabbia appena tolta. Pio, come sempre instancabile, riempie lo stampino di sabbia bagnata e con la sua caratteristica espressione di stupore gode nel vedere la forma realizzata mentre Clara e Rahim giocano con un camioncino.

Ad un certo punto qualcuno richiama la nostra attenzione: Zawadi ha intonato un canto dolcissimo, “Malaika”. Iniziano così i canti e le danze. Ci siamo tutti, grandi e piccoli, senza ruoli da rivestire, siamo lì e ci lasciamo coinvolgere da questa bella atmosfera, intensa e leggera nello stesso tempo. La luce del sole che sta per tramontare rende i nostri colori più caldi, più belli.

Il tramonto è arrivato, in cielo è spuntata la luna. La giornata è terminata ma questa bella esperienza rimarrà per lungo tempo dentro di noi, anzi sarà un altro pezzettino che andrà a costituire la nostra persona al di là del fatto che il ricordo dei singoli elementi possa o meno sfumare.

Alla ripresa delle normali attività comunque il capitolo non verrà chiuso. Cosa potrebbe esserci in questo momento di più motivante del guardare le foto, parlare, comunicare le emozioni provate, scrivere qualche parolina relativa al nostro soggiorno?

“Napenda kuogelea” (mi piace nuotare), sono le parole nuove che il lunedì risuonano nella nostra scuoletta!

Grazie Bruna e Lucio!

Grazie a tutti coloro che hanno partecipato a questo soggiorno e agli amici che hanno permesso alla Nyumba Ali di volare lontano.

Marisa

Ecco il video della gita

https://youtu.be/VSN2dNTvmxw

L'essenza della Nyumba Ali

https://youtu.be/hi2t5beOeGA

25 Luglio

Pio scrive il plurale di alcune parole, si corregge e non si lascia distrarre dalla confusione che arriva dalla palestra dove altri bimbi stanno giocando.Insegnanti tutti potete invidiare la maestra Marisa.

La "nostra" maestra Marisa...

24 luglio

Lunedì 21 luglio ho ripreso l’attività nella scuoletta, dopo la settimana trascorsa ad Ulete. Ho ritrovato i bambini sereni, o meglio gioiosi, sempre pronti a partecipare con tanto entusiasmo e impegno. La mwalimu Tuma è molto brava, svolge il lavoro con passione e sa coinvolgere adeguatamente ciascuno di loro. In questi giorni mi sono limitata ad osservare ed ad annotare le risposte, verbali e non, dei bambini. Sarà mio compito evidenziare l’eventuale evoluzione delle loro abilità , aspetti problematici o positivi del processo di insegnamento – apprendimento.

DSC01961La documentazione per la maestra Tuma risulta un impegno gravoso e spesso omesso. La loro cultura si fonda sull’oralità, la documentazione scritta non appartiene a loro e non viene vissuta come un elemento significativo e importante. A dire il vero un po’ la capisco! Ciò nonostante qualche appunto era stato preso da Tuma nel periodo in cui lavoravamo insieme e vedo che quel quadernino le risulta tutt’ora utile. Il pomeriggio prendo individualmente alcuni bambini per poter svolgere delle attività specifiche.

Ieri Peter mi ha dimostrato con orgoglio di saper usare la linea del venti per piccole quantità. Si muove con sicurezza entro il 6. Esegue correttamente la consegna : “vorrei 5 cose (solleva 5 tasti anche in posizioni diverse)” rispetto a “ vorrei il numero 5 (solleva il tasto su cui è scritto il numero 5) e così via… I suoi sorrisi sono sicuramente molti di più di quanti ne possa contare!

Pio sta facendo grandi passi: oggi ha scritto le sue prime frasette (soggetto e verbo) con le letterine magnetiche. Ho mostrato lui un immagine di bambini che stavano mangiando e lui ha scritto “WATOTO WANAKULA”; l’immagine di una donna con microfono e ha scritto “ MAMA ANAONGEA”. Ha concordato esattamente il verbo! L’analisi di parole complesse e lunghe può risultare difficile (ricordate che Pio non riesce ad articolare parole complete). Ad es. non sempre coglie il suono N all’inizio o all’interno delle parole, ma se io rileggo ad alta voce quanto ha scritto riesce a correggersi da solo. Spontaneamente ha scritto poi “BABA KULA“ (la versione corretta sarebbe anakula, il papà mangia).

A voi sembrerà una cosa banale ma la maggior parte dei bambini tanzaniani sa scrivere solo sotto dettatura o copiatura perché non è previsto che elaborino un pensiero autonomo. Ma Pio ce l’ha fatta! ..e quando gli ho chiesto cosa gli piace, ha scritto: “NAPENDA KUANDIKA” ( mi piace scrivere). Ha proseguito scrivendo: “MARISA MALIMU” (mwalimu - maestra). E’ strano e difficile per lui quel suono “W”, in compenso penso sia davvero uno dei pochi a scrivere il mio nome con la R, persino nei cartelloni di benvenuto le dade avevano scritto “Malisa”.

Cosa potrebbe volere una maestra più di questo? Anche oggi è stata una giornata ricca di soddisfazioni per tutti noi!!

Un abbraccio

Marisa

Pedagogia e tribunali...

2 Luglio

Carissimi,

come avete capito questo è un periodo strano nel quale fattori esterni tolgono tempo ed energie al nostro impegno fondamentale.

Mage, Viki, Ageni sono le gambe della nostra vita e, poiché sono tre, stiamo per ora in equilibrio. Ageni è tornata a casa dopo un breve periodo nel villaggio con la nonna, è tornata assieme alla sorella minore Jovita e alle cugine Bettina e Amida che sono rimaste a casa nostra per due giorni. Dopo i primi momenti di timore si sono ambientate ed è stato piacevole respirare gioia di vivere, vederle ballare e giocare. Jovita ha detto ad Ageni “ Sei mia sorella ma hai una mamma e un babbo bianchi, non capisco come sia possibile“. Non ho ascoltato la risposta. Lunedì le abbiamo riportate nel villaggio e Amida, la più piccola, voleva restare con noi, ha pianto attaccandosi con forza alla ringhiera per non salire in auto.

Abbiamo lasciato ad Ageni la gestione della situazione: poche parole scandite con tono deciso e Amida è salita in auto, dove ha continuato a piangere finché non si è addormentata. Indirizzo pedagogico diverso dal nostro.

Oggi la nostra pratica riguardante l’incidente è in tribunale, prossima udienza il 15 luglio esattamente due mesi dopo l’incidente. Ho trascorso un’intera vita senza mettere piede in un tribunale, da quando vivo a Iringa sono andata, di persona, innumerevoli volte dal giudice tanzaniano per la pratica di adozione, in Corte d’appello tramite l’avvocato sempre per l’adozione di Viki e ora abbiamo ben due pratiche in tribunale: una a Iringa e una a Bologna. La prima la conoscete, la seconda è una storia all'italiana non strettamente connessa alla Nyumba Ali, ma che influenza gli stati d'animo e mette a dura prova lo spirito.

Un abbraccio

Bruna

Gocce di tristezza

23 Giugno

Oggi è arrivato un bimbo di un anno e due settimane, paralisi cerebrale e grave malnutrizione.

La mamma ha portato tutta la documentazione: è andato in tutti i dispensari della città, ha il quaderno clinico zeppo di scritture incomprensibili; l'aver portato il quaderno e le medicine è segnale di una mamma attenta. Il piccolo si lamentava con un lamento flebile, invano la mamma cercava di allattarlo.

Ancora un bimbo malnutrito a cui dottori hanno ordinato antibiotico, paracetamolo, medicine per la malaria,sciroppo per la tosse; medicine da prendere tutte assieme, da cacciare dentro un corpicino fatto solo di ossa.

Di prassi i "dottori" ordinano pastiglie per la malaria, antibiotico, paracetamolo, se non è malaria sarà un batterio, se non è un batterio sarà malaria comunque il paracetamolo è di prassi. Dada Zula ha misurato la temperatura, quasi trentanove, abbiamo guardato la pancia rugosa, i piedi gonfi ed è stato portato subito all'ospedale.

Ora è ricoverato, non ci resta che pregare che non gli diano antibiotico,paracetamolo, pastiglie per la malaria e sciroppo per la tosse.

24 Giugno

Durante la notte il bambino è morto.

Diario di un incidente...e non solo. Parte 2

22 giugno

M​ia madre guardava Beautiful e, quando andavo al mare con lei, ero costretta a gettarvi un’occhiata rapida, dopo un anno senza vedere alcuna puntata ritrovavo tutto come l’avevo lasciato l’anno prima, non era cambiato quasi nulla. La seconda puntata della nostra soap opera è esattamente uguale alla prima: non è accaduto nulla, se non i soliti appuntamenti inutili, le solite promesse mancate. Ho coinvolto le dade dicendo che era interesse e compito loro salvaguardare il pulmino regalato al centro; sono andate tutte assieme dalla polizia, ma non è cambiato nulla. Il proprietario del bus che ci ha investito se ne sta tranquillo a Dodoma e non risponde al telefono, l’autista è scomparso, nell’ufficio a Iringa della compagnia sanno solo dire “tornate domani”, la mamma avvocato ci fa telefonare, senza alcun risultato, a tutti i poliziotti di Iringa che conosce.

Vi prego di non raccontarmi tutte le ingiustizie italiane nel tentativo di consolarmi, ho sempre pensato che il proverbio “ mal comune mezzo gaudio” sia sbagliato, per me mal comune è male doppio, gaudio intero sarebbe se il mal comune trovasse soluzione.

Abbiamo iniziato a costruire il nuovo centro di Iringa: una copia di quello già esistente in più alcune abitazioni per accogliere bambini disabili da villaggi lontani, come abbiamo già sperimentato con Salesia e Paulo che vivono, rispettivamente, con dada Zula e dada Sara. Speriamo che non sia una replica della telenovela sulla ristrutturazione della casa nella quale viviamo; la prima puntata è scivolata via senza turbarci il sonno. Chissà se è vero che il buon giorno si vede dal mattino, aspettiamo il seguito.

E’ finalmente comparsa su internet l’assegnazione della scuola agli studenti che sono stati promossi nell’esame finale della quarta secondaria. Il meccanismo di assegnazione del posto è incontrollabile, ogni studente segnala in quali istituti vorrebbe andare nel caso in cui fosse degno di frequentare la quinta classe secondaria, ma l’assegnazione non tiene quasi mai conto delle richieste. E’ convinzione diffusa che studiare in un collegio, lontano da qualunque insediamento umano, sia la strada migliore per un’istruzione di qualità e così le scuole secondarie sono lontane da tutto, nella savana o sulle montagne; da un lato il dormitorio femminile, dall’altro quello maschile, un campo da calcio per i maschi, per le femmine le chiacchiere, per entrambi “una sana e consapevole libidine” che, se scoperta, è pagata solo dalle donne.

Ageni, nonostante avesse segnalato le sue esigenze particolari, è stata assegnata a una scuola sulle montagne, credo irraggiungibile anche dai daladala e così eccomi alle prese con la burocrazia necessaria per chiedere di cambiare scuola. E’ accaduta la stessa cosa nel passaggio tra la primaria e la secondaria, nonostante le ripetute affermazioni che nell’assegnazione non si poteva non tener conto della sua disabilità, era stata destinata a una scuola raggiungibile solo a piedi. Allora non perdemmo tempo a chiedere e iscrivemmo Ageni in una scuola privata; ora vogliamo tentare di far valere i suoi diritti e di accontentare la sua richiesta di frequentare un corso scientifico e nei dintorni nessun istituto privato ha i corsi che lei ha scelto.

Vi giuro che nel salire le scale che mi avrebbero portato a chiedere giustizia per Ageni ho avuto paura, paura di sbagliare tono e parole, paura di non riuscire a controllare la mia impulsività, paura di non farcela, certezza che il compito assegnatomi era superiore alle mie capacità. Ora come sempre non ci resta che aspettare una risposta e sperare che questa storia abbia una sola puntata.

Vi abbraccio

Bruna

Diario di un incidente...e non solo. Parte 1

Ore 16:15 di giovedì 15 maggio

Ricevo una telefonata da un numero sconosciuto, telefono riattaccato non appena rispondo, chi ha bisogno di me richiamerà.

Dopo qualche minuto mi telefona dada Sara: “ Per favore telefonami”.

Di solito non obbedisco, questa norma da mamma italiana è per me inaccettabile, se una persona ha un cellulare (di solito dell’ultima generazione) e uno stipendio, deve pagare le proprie telefonate e non chiedere sempre la carità; la voce di Sara m’induce a venir meno alla regola che mi sono data.

“ Mama abbiamo avuto un incidente, per favore vieni subito”.

“Un incidente? Come stanno i bambini? Come state voi? Dove devo venire?”

“Stiamo tutti bene, vieni a….”

Bum, bum, bum, calma, devo stare calma, infilo le scarpe, prendo le chiavi dell’auto grande, chiudo la mia stanza, parlo con Ageni e con la guardiana dallo sguardo vuoto, sistemo Viki e Mage e corro.

Calma devo stare calma, mentono sempre, chissà in che stato troverò il pulmino e i bimbi e le dade e poi in casa non c’è nessuno se non la guardiana dallo sguardo perso.

Calma devo stare calma.

Ci sono lavori sulla strada, doveva tutto essere finito l’anno scorso, deviazioni continue su strade sterrate e strette, nei ritardi e nelle promesse non mantenute si realizza la globalizzazione, il resto è solo apparenza e affari.

Vedo il pulmino in lontananza, non è ribaltato e c’è la polizia che misura: un bus proveniente dalla parte opposta, in un punto in cui la deviazione è molto stretta, ha urtato il pulmino ammaccandolo dietro dalla parte dell’autista, un vetro sbriciolato con i pezzi minuscoli dentro il pulmino, fanali distrutti, fiancata ammaccata, tutti spaventati, ma sani.pulmino

Grazie Mungu; attorno al pulmino le mamme accorse alla notizia, i soliti curiosi e le dade spaventate.

Chiedo ai poliziotti il permesso di far scendere i bambini dal pulmino e farli riportare a casa dall’autista, perché non è colpevole di nulla.

Il condacta del bus (si chiama così una specie di steward dentro i bus e i daladala) tenta un approccio del tipo “ per favore paghi tu i danni?”, lo blocco alla seconda parola, non ho intenzione di pagare i danni che un altro ha provocato.

Le dade mi dicono che dobbiamo andare dalla polizia in città, va bene andrò, ma come faccio con le ragazze a casa da sole? Spunta la dada Tuma, che non era sul pulmino perché di pomeriggio va a scuola e rientra per conto proprio, che è stata avvisata dell’incidente e che si offre di stare con le ragazze.

Andrò con tutte le donne dalla polizia, ma prima è meglio salutare i poliziotti, li trovo che stanno misurando ancora, accidenti che pignoli. No, non sono pignoli, si sono dimenticati di segnare se la misura è stata fatta in feet o in cm e non sono in grado di ricostruire nulla, già foot e cm sono in concreto la stessa cosa.

Stai calma e non pensare che sei nelle mani di poliziotti che non distinguono i foot dai centimetri.

Davanti alla sede della polizia incontriamo la mamma di Sara, una bambina del centro, è avvocato e prende subito in mano la situazione. La seguo come un’appendice, conosce tutti, telefona a mezzo mondo informando del fatto che il pulmino del centro frequentato dalla figlia, ha avuto un incidente, non avvisa solo il presidente della repubblica.

Spunta il poliziotto del caso Janet “ mama come stai? da quanto tempo… sono felice di vederti…mi hai portato un regalo… non ti preoccupare ci penso io…”.

Andiamo in tre uffici diversi, stringo mani, ascolto parole su parole, sembra chiaro che non pagherò i danni ma bisogna sapere il costo della riparazione. Propongo timidamente di portare subito il pulmino nella con-cessionaria Toyota per farsi fare il preventivo.

“ aspetta, dopo “

Assicurazione?

Il bus sembra assicurato ma nessuno prende in considerazione l’ipotesi di prendere contatto con l’assicurazione, telefonate al proprietario, minacce di andare in tribunale, strette di meno e intanto il sole tramonta, fa freddo, ho conosciuto tutto il dipartimento di polizia del traffico e sono riuscita a non urlare la mia stanchezza e la mia incredulità.

Decidono di andare alla Toyota a chiedere il preventivo, l’officina è ovviamente già chiusa, telefonate ai vari negozi di Iringa per sapere i prezzi del vetro e del fanale ma nessuno li conosce.

“ E’ un nuovo modello” e in queste parole c'è una sorta di riprovazione, siamo colpevoli di aver comprato un modello nuovo, cosa pretendiamo adesso che tutti sappiano cosa costano vetri e fanali?

E’ arrivato anche il padre di Sara, una venditrice di magliette, un poliziotto che ha un bimbo disabile, uno travestito da marziano.

Si chiudono in cancelli della sede della polizia, appuntamento domani mattina alle otto alla Toyota, so che non c’è da fidarsi per cui dico che andrò io a chiedere il preventivo alla Toyota e poi lo porterò dalla polizia. Ci consigliano di riportare il pulmino a casa, non si sa mai cosa può accadere di notte, mi stanno forse dicendo che il cortile di casa nostra è più sicuro di quello della polizia?

Le dade mi hanno aspettato dentro l’auto, corro a casa e trovo dada Mage pronta a sostituire Tuma mentre accompagnerò tutti a casa.

E’ notte.

Il ritorno a casa dopo aver accompagnato tutti nelle proprie abitazioni è per me un incubo: fari abbaglianti, polvere, biciclette senza fanali, pedoni invisibili, seguo la macchina davanti come facevo durante il periodo delle nebbie, tanto tanto tempo fa e spero di non avere anche qua le allucinazioni (una volta ho visto un cavallo che attraversava l’autostrada).

Le ragazze affamate aspettano, sento il suono tipico di Skype, non accendo la webcam e mento su come va, scaldo in fretta ciò che è rimasto dal pranzo, racconto ad Ageni l’incidente e dopo cena mi guardo un film sperando che non sia una tragedia. Sogno che un signore mi regala un nuovo pulmino di colore rosso fuoco.

Ore 6.45 di venerdì 16 maggio

Mi alzo, se devo andare dalla Toyota alle otto, è necessario che mi alzi presto, le ragazze staranno con la guardiana dagli occhi spenti.

Alle otto con l’autista Abi sono davanti alla concessionaria Toyota, il responsabile per alcuni minuti è immobile con lo sguardo assente di fronte al danno, il pulmino sembra per lui un alieno, chiede la fotocopia del libretto e afferma che alle dieci il preventivo sarà pronto: deve aspettare che apra la concessionaria di Dar es Salaam, l’unica che conosce i prezzi di vetro e fanali.

Andiamo col pulmino ad avvisare la polizia, soliti salamelecchi e sorrisi, torno a casa a piedi e Abi va a prendere i bambini con l’auto. Alle dieci e trenta ci telefonano di andare dalla concessionaria: quelli di Dar vogliono una foto del pulmino e poi ci vuole la fotocopia del libretto… E’ in bella vista sulla scrivania, vorrei urlare e comincio a sentire un po’ di crampi nello stomaco. Chissà se è ancora possibile veder qualcuno trasformato in statua di sale? Sorrido all’idea, me la rigiro nella mente mentre ritorniamo dalla polizia per fotografare il pulmino.

“ Cosa fai?”

“Cosa faccio? Fotografo il mio pulmino”

“ Non puoi, è vietato scattare foto nel cortile della polizia, ci vuole il permesso del capitano o del generale”.

Non sono sicura di aver ascoltato con attenzione di che grado si tratti, sto sognando un diluvio universale.

Il capo concede il permesso a me e al responsabile della Toyota di fotografare, Abi mi spedisce a casa.  Sono le quattordici e trenta e non ho ancora notizie del preventivo, nel frattempo probabilmente i responsabili se la sono squagliata, il padrone del bus sarà irreperibile e a me resterà l’onere e nessun onore. Ho voglia di rivolgermi a Giove e ai suoi fulmini, invece accendo il pc e scrivo.

Ore 15

Abi torna con il biglietto da visita del concessionario Toyota di Iringa, forse domani si saprà qualcosa, Abi è stato tutto il giorno ad aspettare. Scrivo una email al responsabile della Toyota di Dar chiedendo il prezzo del vetro e del fanale. Credo che sia tutta una manovra per farmi perdere la pazienza e indurmi far aggiustare il pulmino a spese mie. Andrò con Abi a riprenderlo, lo porterò nel mio cortile.  Chiuderò il centro per impossibilità di andare a prendere i bambini.

Ore 16:30

Vado con Abi a ritirare il pulmino, i poliziotti stanno sbaraccando gli uffici, in fondo è venerdì pomeriggio anche per loro; il capo non c’è e non possiamo portar via il pulmino senza il suo permesso. Aspetto sino alle diciassette e trenta, Abi mi racconta lo spavento provato quando si è visto il bus venirgli  incontro a forte velocità, mi racconta di non essere stato capace di telefonarmi, della voce che gli è mancata…

Ore 18

Il pulmino è nel cortile di casa e ci resterà sino a quando non sapremo il costo della riparazione e sino a quando non arriveranno i soldi. Penso alla faccia di Lucio quando lo vedrà e divento ancora più triste.

Ore 11 sabato 17maggio

I bambini sono andati a cavallo, affido Mage e Viki alle dade che stanno pulendo la palestra e vado a fare la spesa; decido di passare ancora una volta dalla “concessionaria” Toyota: ieri ho parlato con tutti, anche con l’uomo che stava lavando i pavimenti, tutti conoscono il problema ma non sanno cosa dire e fare perché il capo è fuori.

“ Siediti qui e aspetta, torna tra poco”.

“ il tra poco” vuol come dire almeno due ore, me ne vado e sogno un meteorite che cada sulla concessionaria, senza far male a nessuno.

Episodi come questo fanno ridere chi sta qua per poco tempo perché fanno tanto etnico e diversità culturale affascinante; da qualche tempo non mi fanno più ridere e non li trovo per niente affascinanti.

Lunedì chiuderò il centro, andare a prendere i bambini con l’auto è pericoloso (sono tanti e basta frenare perché tutti cadano a terra), toglieremo i resti del vetro, copriremo il tutto con plastica, chiederemo il permesso alla polizia di girare e poi non so cosa altro fare se non pagarmi i danni, che è quello che tutti aspettano che faccia e che non voglio fare. Il proprietario del bus è di sicuro un uomo ricco, ma ha un’assicurazione inesistente e, come d’abitudine, non vuol pagare soprattutto se dall’altra parte c’è una stupida e ricca donna bianca. Se andassi in giro senza permesso della polizia dovrei pagare multe su multe, girano auto senza freni, camion con i cassoni pieni di esseri umani, daladala con le porte aperte, ma se io mi dimentico di allacciare la cintura di sicurezza vengo fermata e devo pagare, è giusto così la legge è legge e va rispettata (anche se tutti non la rispettano), ma poi ci si sente un po’ perseguitati.

Ore 10, 30 lunedì 19 maggio 2014

Abi ha ripulito tutto, messo un pezzo di plastica al posto del vetro ed è andato con mama Sara a chiedere il preventivo in un altro garage, io resto con le ragazze; Viki è in bagno e Mage ultimamente si comporta in modo strano, probabilmente ha bisogno di più attenzione. Continuo a desiderare che esista davvero Giove con i suoi fulmini.

Ore 12.00

Mi telefona il responsabile della Toyota di Dar che ha letto la mia email, si scusa e dice di non aver ricevuto alcuna richiesta dalla concessionaria di Iringa, vuole avere alcune informazioni sul pulmino, gli dico che non posso darle perché l’autista l’ha portato in un altro garage, mi chiede il numero dell’autista.

Ore 12:30

Mi telefona Abi: l’hanno chiamato da Dar dicendogli di andare a ritirare il preventivo dalla concessionaria di Iringa. Sarà vero?

Ore 15:00

Torna Abi con il preventivo (circa 1.500.000 scellini tanzaniani) e con il permesso della polizia, permesso solo orale… Domani incontro con la controparte per avere i soldi, il concessionario Toyota di Iringa arrabbiato con me perché sabato non l’ho aspettato… Domani riaprirò il centro, non so quando il pulmino sarà aggiustato.

 Ore 10:30 martedì 20 maggio

La controparte non si è presentata, come prevedevo ora sarà una gara a chi resiste di più, di solito i wazungu pagano sostenendo che non vale la pena fare battaglie di questo tipo. Non sono d’accordo per vari motivi: la giustizia è uno dei pilastri della convivenza civile, non si tratta di regalare denaro a un poveraccio che sta per morire, ma a un ricco signore locale, il denaro non è mio è di tutti voi e ce l’avete affidato per i centri e per la casa-famiglia, l’assistenzialismo non porta sviluppo ma solo dipendenza, è giusto assumersi le proprie responsabilità indipendentemente dal paese nel quale si è nati ecc.

Ore 16:30 giovedì 22 maggio

Nessuno risponde al telefono che doveva servire per fissare un altro appuntamento, Abi, su consiglio di mama Sara, torna dalla polizia; tutti quelli che vivono qui da qualche tempo dicono che sarà impossibile che il proprietario del bus paghi, che con o senza assicurazione alla fine nessuno paga mai. Mi giro queste parole nella testa mentre attorno a me è tutto un fiorire di smartphone, tablet, ipod, facebook, twitter, il regno delle sole parole si è inserito perfettamente in un altro regno di sole parole.

Ore 18:00

La polizia ci darà notizie stasera?!

Domani andremo a prendere Lucio a Dar , è il nostro regalo-sorpresa. Tutto rimandato a lunedì o, come diceva mia madre, al giorno di San Mai.

Ore 21 lunedì 26 maggio 2014

Nessuna nuova, buona nuova?

Fine della prima puntata.

Una canzone per Viki

4 Maggio

Nel giorno della festa di primavera della Nyumba Ali abbiamo festeggiato con una nuova produzione canora. Federico Tammaro, che sta facendo il tirocinio assieme a Lara Pepponi, ha scritto una canzone che dipinge Viki meglio di qualunque pennello.

https://youtu.be/goGSoO6lV5I

Ve la invio senza modificare nulla perché anche voi proviate l'emozione di essere nella casa con le ali di Iringa

Un abbraccio

Bruna

Salvare la dada Suku dalla Tubercolosi: troppe domande senza risposta!!

17 Aprile

Carissimi,

siamo in piena Quaresima, periodo di penitenza durante il quale ci si prepara alla Pasqua, penitenza nel senso figurato di afflizione, rinuncia, sofferenza di varia natura è la parola che rappresenta meglio ciò che stiamo vivendo. Dada Suku da qualche tempo mostrava i segni di una sofferenza fisica inspiegabile, era dimagrita, lo sguardo triste e spento.

Una mattina, con una vocina flebile, mi ha raccontato che il giorno prima per farla guarire da una fastidiosa tosse, le avevano tagliato l’ugola senza anestesia. Ugola tagliata? Non ho avuto il coraggio di guardare, mi sono solo preoccupata di procurarle cibi freddi e liquidi, memore dei racconti di quando si toglievano le tonsille ai bambini. No, il cibo freddo e liquido non andavano bene, il dottore aveva prescritto cibo caldo e solido e nessun antibiotico per evitare infezioni. Chissà se era veramente un dottore … per nulla d’accordo sul trattamento post operatorio ho represso il desiderio di imporre la mia ricetta per guarire rapidamente e mi sono attaccata all’idea che dovevo fidarmi dei medici locali. Dopo pochi giorni sono partita per L’Italia assieme ad Ageni e ogni giorno sono stata informata del declino sempre più rapido della salute di Suku.

Lucio l’ha portata a fare un bel po’ d’analisi, risultato: anemia e infezione in atto. Ogni giorno doveva ingoiare davanti a Lucio una pillola, ogni giorno doveva mangiare, sempre davanti a Lucio, uova, miele, latte, pane. Al controllo nessun miglioramento nei valori dell’emoglobina, il lunedì dopo il nostro rientro Lucio l’ha portata all’ospedale di Tosamaganga, ormai certo che il problema si chiamasse tubercolosi, perché le analisi avevano escluso fosse sieropositiva. Dopo quattro giorni di ricovero arriva la diagnosi: tubercolosi in stadio avanzato. Suku è dimessa senza prescrizione di alcun genere, chiedo al medico perché è dimessa senza medicine e il medico m’informa che le hanno fatto un’iniezione e che dovrà tornare all’ospedale dopo quindici giorni per prendere le medicine. Strano, quando abbiamo curato Ageni, le abbiamo dato per ben sei mesi una pastiglia tutti i giorni, nel frattempo avranno scoperto quest’iniezione che copre in primi quindici giorni di terapia. Accompagno dada Suku a casa, mi raccomando che mangi molto e bene e soprattutto che la mamma, che ultimamente stava male, controlli se soffre della stessa malattia.Una settimana dopo le dimissioni, stanca di non ricevere risposte alle telefonate quotidiane, vado con Lucio e Ageni a casa di Suku, la dada non c’è: è stata mandata dai nonni materni nel villaggio natio e la mamma è ricoverata all’ospedale. Il padre ci spiega che dal nonno può bere latte, mangiare carne ed essere accudita, mi dice anche che sta meglio. Bene, ci risparmiamo un venerdì di penitenza, le notizie sono buone.Lunedì mattina (è il 7 aprile e in Tanzania è festa nazionale) arriva una dada a dirci che la mamma di Suku è morta. All’ospedale? No, anche lei dopo la dimissione era andata nel villaggio, era sopravvissuta un solo giorno e poi era morta.

Carichiamo le dade sull’auto, affrontiamo un lungo viaggio tra strade allagate, buche, fango scivoloso e raggiungiamo il villaggio nel quale restiamo in attesa prima della cassa, poi del cibo, poi di parenti; aspettiamo tra notizie contraddittorie, stanchezza e rassegnazione. Prima di rientrare riusciamo a vedere Suku, io mi alludo che sia migliorata, Lucio scuote sconsolato la testa e profetizza cattive notizie.Il giovedì dopo Suku è ricoverata di notte dopo aver affrontato lo stesso nostro viaggio: è solo ossa, gli occhi spalancati, viso e piedi gonfi. Non le avevano prescritto le medicine da prendere tutti i giorni, le medicine di cui avevo chiesto notizie al medico.

La cartella clinica è introvabile, salta fuori dopo una richiesta con tono che non ammette replica, nessuna traccia che qualcuno avesse ordinato le medicine, scompare di nuovo e riappare con l’indicazione delle medicine. Suku sta malissimo, decidiamo di ospitarla assieme alla sorella nella stanza adibita a classe per Zawadi, potrà mangiare bene, vivere in un ambiente pulito e soprattutto in caso di peggioramento potrà essere ricoverata in pochi minuti nell’ospedale cittadino; siamo consapevoli della responsabilità e del rischio che ci prendiamo, ma Suku è parte della nostra famiglia. Consulto le dade che si dichiarano d’accordo (avremo bisogno anche del loro aiuto), ne parlo con Suku che accetta la proposta, poi chiedo il permesso al padre, allo zio materno, alla zia materna, alla zia paterna, alla vicina di casa, all’infermiere che passa di lì, alla cugina di sesto grado, a tutta la parentela esclusi i nonni materni che sono rimasti nel villaggio dove il segnale di tutti gli operatori telefonici è debole.

Sgomberiamo l’aula di Zawadi, prepariamo un piano d’attacco per sconfiggere il mal sottile dei romanzi ottocenteschi e sabato mattina ci presentiamo all’ospedale a prendere Suku, i medici (non so se davvero posso chiamarli così) sono stati categorici nel dimetterla: deve prendere le medicine ogni giorno e mangiare bene, è inutile restare all’ospedale. Non vi racconto quante sono le donne ricoverate e quanta indifferenza ci sia di fronte al fatto che la TBC è contagiosa, non c’è nemmeno un piccolo paravento che separi le donne infette dalle altre. Mentre aspettiamo la lettera di dimissione Suku ci comunica che non vuole, che non può, venire da noi perché l’unica che può assisterla è sua sorella minore (vero, il suo letto e già preparato) e non è dignitoso che la sorella minore lavi la sorella maggiore! Al villaggio l’assistenza sarebbe stata data dalla nonna che è come la mamma.

Vero o non vero, scusa per nascondere che i nonni non hanno concesso il permesso? Non è dignitoso andare a vivere con i bianchi? Ma non è disonorevole chiedere i soldi del trasporto notturno e aiuto per tornare a casa, non è disonorevole farci correre inutilmente avanti e indietro tra Iringa e Tosamaganga. Lucio la carica in auto assieme a parenti vari, affronta il viaggio di due ore e se ne torna casa sconfortato: nel villaggio ci sono latte e carne, ma le condizioni igieniche sono pessime e basterà un piccolo raffreddore per far morire Suku che sembra essere uscita da un campo di concentramento. Davvero la tradizione vale più della vita? Si può morire per non mostrare le parti intime alla sorella minore?

Domande, domande, nessuna risposta, un senso d’impotenza che toglie il respiro. Non possiamo far nulla se non aspettare, ci stiamo preparando per non essere colti di sorpresa quando arriverà la notizia della morte di Suku, ci prepariamo al lutto sperando che non accada.

Dopo la Quaresima arriva sempre la Pasqua, la stiamo aspettando.

Buona Pasqua a tutti

Bruna

Attraverso l'ampio sguardo di Giulia "Fisio"

12 Aprile

Manca meno di un mese al mio ritorno. Come sarà salire sull’aereo ed essere trasportata in poche ore in un mondo completamente diverso, diverso come ritmi, colori, tipologia di lavoro? Sarà un periodo molto intenso questo, fortunatamente ho poco tempo per pensare.

E’ finita ieri la seconda settimana di corso per il personale: entrambi i centri chiusi, una settimana a Iringa e poi, tutte e dieci le Dade si sono spostate a Pomerini. Si sono rivelate davvero propositive, curiose, attente, addirittura critiche!

Abbiamo affrontato argomenti come il rapporto con i genitori dei bambini, la gestione e costruzione degli ausili, le Leggi sulla disabilità, la valutazione di tutti gli aspetti. Abbiamo condiviso un modello comune di presa in carico del bambino organizzato in quattro aree (motoria, cognitiva, alimentazione e contesto nel quale il bambino vive). Nessun argomento nuovo, abbiamo solo cercato di riordinare le loro idee, di dare una visione più ampia del loro lavoro e di cosa davvero significa Nyumba Ali.

Abbiamo avuto anche momenti di sconforto, come quando, alla domanda: “Cos’è la Nyumba Ali per te? Dimmi le prime tre parole che ti vengono in mente”. La prima dada che ha iniziato a parlare ha risposto in quest’ordine:

”patate, te’, esercizi.....Patate?

Oppure quando, alla richiesta di fare domande, una mano si è alzata: “Daniele (il mio collega) è sposato”?

Senza dimenticarmi di tutti i problemi affrontati in questi anni e della differenza culturale, mi sento di dire che sono davvero un bel gruppo e che questo corso ha, forse, contribuito ad aumentare la motivazione e il senso di appartenenza all’associazione.

Lo spettacolo del cielo immenso, i bambini di tre anni che si muovono autonomamente, le donne con carichi  smisurati sulla testa incantano me e molti di quelli che sono stati catturati dall’Africa, ma non  trovo  altrettanto affascinante la vita in una capanna, il non avere acqua, il vivere con gli animali, l’avere una ridotta aspettativa di vita.  

E’ per me difficile incontrare Faraja e, contemporaneamente, persone  che trovano affascinante una capanna di fango  o la figura dello stregone.

E’ per me difficile sentir dire che lo stregone fa parte della cultura locale  e perciò va rispettato, sentirlo dire quando  arriva al centro un bambino pieno di tagli geometrici fatti per far uscire il demonio o lo stesso giorno nel quale  a un bambino è stata sospesa la cura per l’HIV perché uno stregone, con analisi definite moderne,  ha rilevato la presenza di veleno nel sangue.

Continuamente vedo gli esiti provocati da questi personaggi che qualcuno trova affascinanti.

Ci sembra di voler combattere contro due nemici: chi  trova tutto questo romantico e un sistema malato.

E’ tutto così complicato.

Un grande abbraccio 

Giulia

L'impatto con il "contesto"

5 Aprile

Laiza, per comprendere realmente cosa significa CONTESTO, ha proposto di fare un sopraluogo in casa di una bambina che abita ad un ora di cammino dal centro (irraggiungibile in macchina). L’atmosfera era da gita scolastica: canti, semi di zucca da sgranocchiare, risate, acquazzone finale.

Si fa presto a dire: La madre non collabora completamente perché non viene con regolarità.

Un'ora di cammino in un sentiero con salite, discese, fossi da superare per arrivare al centro di Pomerini, il tutto con una bambina in spalla. La gita alla casa di Faraja ci ha violentemente ricondotto alla realtà.

Abbiamo trovato la piccola, seminuda nella capanna, al buio, in completa deprivazione sensoriale in mezzo a roditori assomiglianti a dei criceti giganti. Le Dade hanno invano chiamato e cercato la mamma nelle vicinanze della capanna.

I potenti del mondo firmano Convenzioni sui Diritti dei disabili e dei bambini…parallelamente gli Stati legiferano per garantire che questi Diritti vengano rispettati…Altri Governi stanziano cifre inimmaginabili per aiutare questi Stati. ONLUS, ONG e associazioni di ogni genere organizzano raccolte fondi e scrivono progetti, ma Faraja trascorre la giornata da sola, seminuda, al buio, per terra !!

Il corso di formazione continua

5 Aprile

E’ terminata anche la seconda settimana del corso di aggiornamento per le Dade della Nyumba ali; settimana decisamente impegnativa e molto più interattiva. Assieme alle Dade è stato condiviso e approvato un modello comune per la presa in carico del bambino. anno scorso avevamo proposto una divisione in tre aree: area cognitiva, area motoria e alimentazione

Abbiamo riorganizzato le idee all’interno delle tre aree (nessun nuovo concetto, solamente un accompagnamento nel ragionamento) e aggiunto una quarta aera: il contesto all'interno del quale il bambino vive, inteso come casa, famiglia, vicinanza al centro.

Ecco a voi alcune foto dei momenti salienti della seconda settimana

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